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FINO AL 1 MARZO

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L’orario della proiezione è indicativo. Una volta acquistato il biglietto e ricevuto il codice e un link per accedere alla sala virtuale, la visione può cominciare subito. Solo per gli eventi in streaming si dovrà rispettare l’orario indicato.

Lo spettatore ha 30 giorni per vedere il film; da quando inizia la visione avrà 48 ore di tempo per completarla. Dopo le 48 ore non sarà più possibile effettuare la visione con il codice ricevuto. Il biglietto non è rimborsabile.

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Regia: Malik Bendjelloul

con Stephen ‘Sugar’ Segerman, Dennis Coffey, Mike Theodore, Dan Dimaggio, Jerome Ferretti

Genere: Documentario, Biografico, Musicale

Durata: 86 minuti

I primi anni ’70 del rock americano sono una stagione che definire memorabile è riduttivo, per quantità e qualità di offerta musicale: l’onda lunga dei ’60 mescolata alle diramazioni rivoluzionarie che verranno, l’album che si afferma definitivamente sul singolo, i generi che cominciano a mescolarsi in ibridi sempre più suggestivi. Una stagione talmente aurea da costare il semi-anonimato per talenti tutt’altro che trascurabili: gente come Bruce Palmer, Shuggie Otis o Sixto Rodriguez. La parabola di quest’ultimo, però, è così carica di curiosità e sfortunate vicissitudini da meritare un discorso à rebours, che porta a un documentario che diviene dapprima un caso e in seguito un Oscar (per una volta) indiscutibile.
Consolatorio, con tanto di happy end, una vicenda che è quasi una versione in negativo del sogno americano ma che si presta comunque all’apologo sentimentale del documentario-biopic, Sugar Man è stato capace di convincere tutti lungo il suo cammino, dall’appassionato di musica desideroso di scoprire tutto su Sixto Rodriguez, all’amante della vicenda “dalle stalle alle stelle”, al patito di docu-rock, finalmente di fronte a un esempio che dia un senso a un sottogenere (giustamente) bistrattato. Dopo due dischi coincisi con altrettanti insuccessi di pubblico, infatti, Rodriguez svanisce nell’ombra ma conquista – restandone ignaro – un successo incredibile nella peculiare realtà del Sud Africa dell’Apartheid, in cui i testi spregiudicati del nostro sono visti come una spinta alla ribellione.
Ne nasce un culto così diffuso e duraturo da spingere un appassionato e un giornalista sudafricani ad indagare approfonditamente su Sugar Man e sulla sua scomparsa, ammantata nel mito. Lo svedese Malik Bendjelloul confeziona astutamente tutti questi elementi in un racconto omogeneo, giocando nell’incipit sul mistero di un artista maledetto con inusuali inserti digitali “postumi” per poi approdare ai lidi rassicuranti del docu-rock classico e alla più classica delle storie di riscatto e redenzione.