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MERCOLEDI’ 23 MARZO

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Regia: Jennifer Baichwal, Edward Burtynsky

con: Inocencia González Sainz, Marcus Schubert, Bill Nance, Rafikul Islam Sarkar, Oscar Dennis.

Genere: Documentario

Durata: 92 minuti

UN DOCUMENTARIO SUL FUTURO DALLE IMMAGINI IMPONENTI E NECESSARIE.
Recensione di Giancarlo Zappoli

La documentarista Jennifer Baichwal, che aveva già collaborato nel 2006 con il fotografo Edward Burtynsky per un documentario sull’impatto dell’industrializzazione sull’ecosistema torna nel 2013 a testimoniare con immagini in movimento il processo che porta alla pubblicazione di un libro ricco di foto dal titolo “Water”. Si tratta di un film che mostra come l’elemento fondamentale per l’esistenza dell’essere umano sia stato da questi utilizzato ma anche sprecato.

Dopo l’impatto considerevole che un documentario come Antropocene ha avuto su coloro che hanno avuto l’opportunità di vederlo è importante che la distribuzione nel nostro Paese proponga questo lavoro del 2013 che, purtroppo, non è per nulla invecchiato e che si presenta come un monito che ha bisogno di essere reiterato sperando che qualcuno lo ascolti ed intervenga.

Le immagini che aprono il film forniscono la chiave di lettura di ciò che seguirà. Alle insistite riprese di vortici d’acqua di altezza considerevole vengono brutalmente (e per questo ancor più significativamente) contrapposte le immagini di una vasta area inaridita che un tempo, come ci viene descritto da una donna nativa le cui rughe sul volto sembrano riprodurre le fratture del terreno, era il letto di un fiume. Baichwal e Burtynsky, a partire da questo incipit, ci fanno viaggiare dalla Cina al Bangladesh, dagli Stati Uniti all’India per mostraci come l’ingegno umano abbia saputo sfruttare la presenza dell’acqua ma anche come avidità ed insipienza abbiano condotto al depauperamento di questo bene essenziale.

Sono immagini imponenti sia sul piano puramente estetico che su quello della necessaria riflessione su un futuro che, come ci viene ricordato dai Friday for Future, non è più così lontano e non promette molto di buono. L’ulteriore pregio di questo documentario è dato dal fatto che non si presenta come un pamphlet di denuncia non omettendo di mostrare opere di alta ingegneria idraulica che hanno reso fertili aree altrimenti non coltivabili.

Mentre ci mostra queste immagini si permette anche di ricordarci che in più di un caso il vantaggio di un’area ha comportato l’impoverimento di un’altra. Il titolo, che tradotto letteralmente significa “livello dell’acqua”, ci ricorda che troppo spesso dimentichiamo di tenere sott’occhio i giusti livelli necessari affinché l’ecosistema resti bilanciato. Faremmo invece bene a farlo.